"Ciao, sono Niccolò, ho 12 anni, abito sopra la gelateria Babbi, il che è un gran vantaggio.
Se vedete che faccio espressioni o suoni strani niente panico: ho la Sindrome di Tourette ma per vostra fortuna non quella delle parolacce.
Cioè, le dico e tante ma non per colpa della Sindrome.
Vi dico subito una cosa prima che la scoprite o venite a sapere da altri o da voi: soffro di arrabbite.
Mi arrabbio facilmente quindi siete gentilmente pregati di non darmi fastidio.
Mamma cavati da dietro quella porta che lo so che sei lì!"
Questa è la presentazione in DAD di mio figlio, Niccolò appunto, ai suoi nuovi compagni di classe.
Trasferito più che a metà anno scolastico in una scuola media di collina (una signora collina, devo dire) da una scuola del centro storico, ben frequentata, della nostra cittadina provinciale.
Ricca, colta, vicino al mare.
Perché?
Perché la sua Sindrome, o meglio, tutto quello che le si mescola, ossia il DOP, l'ansia, l'esplosioni di rabbia e la depressione non lo rendevano più bene accetto.
Un insegnante di sostegno non preparato, alcuni professori spaventati dai suoi attacchi di rabbia (e spaventati è un eufemismo), forse pochi genitori preoccupati hanno fatto sì che mio figlio entrasse in una depressione profonda, venisse preso in giro, covasse una rabbia sempre più sorda e alla fine esplodesse.
Un mese infernale, con alle spalle anni difficili.
Ma...c'è un ma.
Ed è un ma bellissimo.
Questa mattina mentre io, sì, ero dietro alla porta a spiarlo angosciata, lui si presentava, parlava di sé con naturalezza e i suoi nuovi compagni gli facevano mille domande.
Questo non è stato mai possibile nelle altre scuole.
Mai dedicato tempo lento per conoscersi, approfondirsi nella curiosità.
Oggi invece (sempre sotto l'occhio e le orecchie dei prof, ovvio) è stata lasciata una finestra aperta a questi ragazzi per confrontarsi e avvicinarsi.
Anche se solo online.
Qui la magia: loro sanno trovare strade, sentieri di cui noi non abbiamo la mappa e sono reti che li fanno incontrare, senza troppe formalità e pregiudizi.
Siamo noi a frapporre ansie, paure o programmi da concludere, fretta di arrivare.
Non c'è tempo e subito si deve performare. Si preme l'acceleratore dell'inclusione senza sapere cosa sia, che significato abbia questa parola, di quali contenuti sia riempita. E si finisce per renderla vuota, solo reclame scolastica con cui infarcire i programmi o le presentazioni.
Ma per crescere serve una comunità.
E per creare una comunità servono rapporti.
E per far nascere rapporti serve tempo e fiducia.
Nella mia angoscia di madre, tourettica, voglio sempre spianargli la strada.
Soffro per lui, non vedo spesso spiragli.
Eppure lui conosce le strade meglio di me e i suoi coetanei pure.
E, questa volta, ha trovato adulti, educatori e insegnanti, che hanno lasciato loro il tempo per tracciare e percorrere sentieri per venirsi incontro.
Perché un'ora di lezione di italiano saltata e usata così non è la morte di nessuno.
Ma può essere scintilla di vita.
#guardailpotenziale
Elena Zondini, copywriter e scrittrice per passione, bassista scatenata, moglie e madre di tre piccole pesti, con lo humor che la caratterizza, ci racconta la vita della sua famiglia fuori dagli schemi.